La vicenda riguardante lo stadio della Roma che occupa le cronache giudiziarie di questi giorni seguirà il suo corso in tribunale e non tocca a chi ne legge esprimere giudizi. Se una cosa però si può dire, riguarda il rapporto tra la politica e i soldi.
Nella Prima Repubblica erano i partiti a spartirsi le maxitangenti e il finanziamento pubblico toccava livelli parossistici, oggi il finanziamento pubblico non c’è più ma non ci sono più nemmeno i partiti, intesi in quel senso lì, ci sono solo leader di ogni cabotaggio e un tizio ignoto ai più può ritrovarsi da un giorno all’altro a passare dallo status di professore a quello di presidente del consiglio. La selezione della classe dirigente emerge senza criteri politici e senza misurarsi col consenso popolare, ma per filoni personali a volte anche fortuiti, in cui ognuno capitalizza — letteralmente — costituendo fondazioni e contenitori per raccogliere risorse per se e senza filtri. Accedono a posizioni di responsabilità persone che, anche credendo alla buona fede, non sono strutturate — e non militano in strutture adeguate a controllarle — per rapportarsi con mondi economici che hanno interesse a condizionarne l’operato, che non è più quindi a difesa dell’interesse di tutti o del proprio elettorato, ma solo di qualcuno.
Il problema di una classe dirigente formatasi con questo tipo di profilo a tutti i livelli, dal consigliere di Municipio fino al candidato presidente del Consiglio, non è necessariamente legale, ma certamente è sostanziale. Fondazioni personali raccolgono a volte milioni di euro senza essere tenute a rendicontare o a rendere pubblici tutti i propri donatori. Per la legge è tutto in regola, come se il collegamento tra chi riceve la donazione e il suo ruolo politico fossero scollegati, quando invece sono collegatissimi. Con quei soldi si organizzano grandi eventi, si fanno campagne elettorali faraoniche, si occupano i media, si orienta l’opinione pubblica, o almeno parte di essa.
Alla fine, all’osservatore comune resta una domanda: perché qualcuno dovrebbe dare migliaia, decine di migliaia, o centinaia di migliaia di euro per finanziare un politico? Per puro e disinteressato ideale o perché si aspetta qualcosa in cambio? Ecco, è una domanda che magari non interessa gli inquirenti, ma resta legittima per qualsiasi cittadino.
Noi di Possibile abbiamo sempre avversato le folli esagerazioni del finanziamento pubblico passato, ma abbiamo anche da sempre chiesto ai nostri sostenitori un sostegno personale, trasparente, rendicontabile. Non abbiamo mai approvato l’uso disinvolto delle fondazioni a uso personale, e quindi non ne abbiamo mai fatte. Abbiamo scelto di darci un profilo giuridico riconosciuto dalla legge, quello di partito, che ci obbliga a depositare alle autorità preposte un bilancio completo e non reticente, in cui compaiono i sottoscrittori e i donatori. Un bilancio in cui i rimborsi spese sono giustificati fino all’ultimo scontrino, che viene realizzato da un importante studio di commercialisti e che viene poi rivisto da una società di revisione, una delle maggiori al mondo. E che viene poi messo in votazione per l’approvazione di tutti gli iscritti. In un momento storico in cui la principale forza politica del paese sventola la bandiera dell’onestà inciampando proprio sul progetto che aveva avversato in campagna elettorale, quello del nuovo stadio della Capitale, e rivendica quasi con orgoglio il suo non essere un partito, riproponendo a ogni turno elettorale casi di rimborsi e versamenti falsificati, ci permettiamo di rivendicare di aver fatto una scelta diversa, e difficile.
In un momento in cui dal capetto di quartiere al Segretario nazionale di partito tutti si fanno la loro brava fondazione per raccogliere fondi a titolo personale, noi utilizziamo un solo canale, tracciato e trasparente, e ne rendiamo conto.
Non possiamo dire di esser stati premiati, fin qui, dalle nostre scelte, il sistema procede spedito in un’altra direzione e verso un esito che per noi è scontato, ma che presto si rivelerà anche agli italiani. Noi però andiamo avanti lo stesso, nello stesso modo, perché comunque siamo convinti che sia giusto così. E se anche voi lo pensate vi chiediamo di aiutarci, di darci una mano a proseguire le nostre campagne — sulla giusta paga, sull’antifascismo, sull’accoglienza, sulla rivoluzione verde, solo per citarne alcune — e a organizzare i nostri appuntamenti — a partire da quello con il Politicamp di Reggio Emilia il 6, 7 e 8 luglio — rinnovando o effettuando l’iscrizione a Possibile, per chi vuole, su https://www.possibile.com/
Perché se quel che c’è non ci piace, dobbiamo provare a costruire qualcosa di diverso.