Oggi la sinistra italiana scrive una nuova pagina nel suo già corposissimo libro degli errori. Una pagina talmente surreale che, verrebbe da dire, si ispira al realismo magico, ma il paragone appare ingeneroso, vista la protervia e il pervicace rifiuto della realtà di cui è intrisa.
La non propriamente affollata platea di Liberi e Uguali al Marriott (!) di Fiumicino, la prima assemblea dopo il disastro epocale del 4 marzo, ha visto andare in scena una farsa che davvero sembra preludere nuove e più cocenti sconfitte per i bollitissimi leader che se ne sono resi protagonisiti.
Chi ha gestito percorsi verticistici e operazioni di conservazione di ogni genere d’apparato, si è presentato sul palco invocando il percorso dal basso; chi è stato candidato in collegi lungo tutto lo stivale, ha parlato di tradimento dei territori; chi ha volutamente smentito e tradito le linee programmatiche approvate all’unanimità, ha denunciato la scarsa chiarezza della proposta politica; chi ha guidato il processo e si è seduto a capotavola dal 3 dicembre in poi, ha scaricato tutte le colpe sugli altri; chi ha preteso di incarcerare la discussione in atti notarili, ha chiesto che non ci fossero veti.
Uno spettacolo vergognoso, a cui fortunatamente in pochi hanno assistito.
Ma non certo uno spettacolo improvvisato.
L’assemblea è frutto di giorni di discussione tra le formazioni politiche “fondatrici” e Grasso, in cui non si è trovato alcun accordo sul da farsi.
In assenza di una qualsivoglia autocritica o processo di elaborazione di quanto avvenuto il 4 marzo, fatto salvo il congresso di Possibile, noi abbiamo chiesto che LeU cominciasse per lo meno a lavorare come gruppo parlamentare, invece di cristallizzare tutte le sue contraddizioni e i suoi errori in uno sbrigativo congresso fondativo. E con noi lo ha chiesto la stragrande maggioranza della base di Possibile, che proprio nel congresso di cui sopra ha dato fiducia a Beatrice Brignone e alla mozione che esattamente questo proponeva.
Ma non siamo stati ascoltati. Anzi, siamo stati volutamente ignorati.
E quindi non solo Mdp ben conoscendo la nostra contrarietà (e per la verità anche i molti dubbi dentro Sinistra Italiana) ha deciso di precedere l’assemblea annunciando un percorso costituente che nessuno aveva deciso se non loro, non solo oggi il “capo politico” della lista di Liberi e Uguali ha aperto i lavori pretendendo più che chiedendo il congresso fondativo, non solo Sinistra Italiana ha sostanzialmente abbozzato chiedendo di allungare un po’ il brodo per tenersi almeno una mano libera, il tutto è stato coronato da una finta unanimità proclamata da Grasso, pur in assenza non solo di una platea legittimata a votare, ma anche di un voto vero e proprio.
Il congresso fondativo di LeU parte con l’applausometro, insomma.
D’altro canto non dovrebbe sorprenderci, visto che è stato lo stesso metodo utilizzato per sancire l’alleanza con il Pd e con Zingaretti alle regionali del Lazio, anche quella volta decisa in tavoli precedenti a cui non siamo stati invitati e sancita da un’assemblea che non si è mai espressa. Anche quella volta ignorando la contrarietà di Possibile.
Ebbene, questa volta non possiamo accettarlo. Non possiamo anteporre il valore dell’unità ad ogni altro.
Ribadiamo la nostra disponibilità a lavorare per una sinistra autonoma il più possibile larga e aperta, come accade in più di qualche realtà anche in queste amministrative, e dove per la verità non siamo certo stati noi a causare fratture e dissapori.
Ribadiamo che siamo più che disponibili a rispettare il mandato elettorale di quanti hanno scelto nonostante tutto di votare per Liberi e Uguali il 4 marzo, e che siamo disponibili a lavorare nel gruppo parlamentare di cui siamo parte (l’unico ad avere titolo per usare quel nome) per produrre azioni concrete e per condurre un’opposizione intransigente al possibile governo Lega‑5 Stelle (sperando che i toni siamo molto meno concilianti di quelli letti in questi giorni da Grasso e Fassina), per portare nella società e con le cittadine e i cittadini battaglie politiche quelle sì fondative di una sinistra dei fatti e non delle chiacchiere, delle proposte e non degli apparati, rivolta all’esterno e non al suo interno.
Per tutto il resto, potete benissimo fare a meno di noi, esattamente come accaduto finora.