Ce li avete presente i gufi e rosiconi e reduci delle minoranze del Partito Democratico? Ecco, proprio loro, nonostante tutto, hanno lavorato a otto semplici e puntuali emendamenti (non quattordicimila, come si vuol far credere) alla legge di stabilità. A prima firma Stefano Fassina, sottoscritti anche da Pippo Civati e Gianni Cuperlo, gli emendamenti pongono temi tutti politici e trovano tutte le coperture. Se siamo d’accordo che il PD debba promuovere politiche, può votarli tutto il PD. Se invece crediamo che siano meglio i bonus a pioggia — come faceva Formigoni in Lombardia — non saranno votati. Di seguito, una breve spiegazione, e alcune infografiche.
Dai bonus a pioggia alle politiche sociali
La legge di stabilità conferma il bonus 80 € e ne prevede uno di pari importo per i neonati i cui genitori guadagnino fino a 90.000 euro annui. Preferiamo un altro approccio, prendendo a riferimento non il reddito da lavoro ma l’ISEE, un indicatore che, basandosi sulla situazione patrimoniale oltre che su tutti i redditi del nucleo famigliare, rappresenta meglio, in modo più equo, le effettive necessità.
Così da evitare che il bonus possa andare a vantaggio anche di chi appartiene a famiglie in cui entrano più redditi, come accade ora (tipico esempio, l’impiegato che ne beneficia pur avendo la moglie parlamentare).
Con l’applicazione dell’ISEE si destina il bonus alle situazioni di effettivo bisogno, oltretutto con una maggiore spinta sui consumi. Le risorse che si libereranno permetteranno di tornare a finanziare il programma di sostegno per l’inclusione attiva, che si era fermato alla fase sperimentale, compiendo così un passo concreto verso l’istituzione di un reddito minimo garantito (sul tema, continuate a leggere: abbiamo una proposta anche per quello).
Altre risorse per questo programma si aggiungerebbero poi innalzando, come prevede un altro emendamento, dell’1% l’imposta sulle successioni (oltre il milione di euro), argomento tabù, di questi tempi.
Garanzie per i lavoratori, di tutti i tipi
Ai tempi del Jobs Act è necessario avere certezze sulle risorse che daranno sostanza alla riforma degli ammortizzatori sociali. A tale fine, la legge di stabilità prevede un fondo di 2000 milioni di euro a partire dal 2015: gli emendamenti prevedono stanziamenti maggiori e per più anni (14.400 milioni da qui al 2019).
Quanto agli sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato, un emendamento prevede, al fine di evitare “furbizie”, che siano concessi solo per le assunzioni aggiuntive rispetto alla media dei contratti in essere negli ultimi 12 mesi.
Ai lavoratori autonomi (partite IVA) iscritti alla gestione separata, sui quali grava già oggi una contribuzione superiore a quanto versano gli altri autonomi, che sarebbe destinata ad aumentare fino al 33%, un emendamento prevede di stabilizzare l’aliquota contributiva al 27%.
Messa in sicurezza e manutenzione del territorio
Per la messa in sicurezza del territorio, cosa che abbiamo imparato a citare ma di cui ci si dimentica nelle leggi, con un emendamento si prevede di istituire un «Fondo per la messa in sicurezza del territorio», da finanziarsi con i proventi della vendita di partecipazioni dello Stato tra quelle previste nel piano di privatizzazioni.
L’Italia tutta intera
In tema di coesione territoriale, un emendamento prevede che le risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale relativa ai programmi europei rimangano destinati ai territori alle quali erano destinate, e che in caso di ritardi o inerzia intervenga la Presidenza del Consiglio, per mettere fine alla prassi, inaugurata da Tremonti, di spostare fondi destinati al sud verso le regioni del nord.
Il reddito minimo garantito, una nostra proposta
Abbiamo preparato un dossier, che potete scaricare. E lo spieghiamo così: in tutta Europa è previsto un sussidio per tutti i maggiorenni privi di reddito che siano alla ricerca di lavoro. Tutta Europa, tranne Grecia, Ungheria e Italia, naturalmente. Ce lo chiede l’Europa, ma soprattutto ce lo chiede il crescere della povertà e delle disuguaglianze. Ce lo chiede anche una lettera di Matteo Renzi agli iscritti al PD, non appena eletto segretario.
Bisogna fare i conti bene, trovare le coperture, stare attenti a non creare disparità e ingiustizie. La nostra proposta, perciò, è per passi. Tre passi, più uno.
Primo passo: aumentare le risorse destinate al programma di inclusione attiva per indirizzarlo, in via sperimentale, verso le persone in cerca di lavoro non coperte da sussidi, come abbiamo spiegato sopra.
Secondo passo: riforma degli istituti finanziati con i contributi di imprese e lavoratori (i cosiddetti “ammortizzatori sociali”). Cosa vuol dire? Per quelli destinati alle sospensioni temporanee (in costanza di rapporto di lavoro) vuol dire rendere vincolante il ricorso ai contratti di solidarietà. Per quelli destinati alle chiusure definitive (parziali o totali) vuol dire fare intervenire la fiscalità generale con l’assegno di disoccupazione, limitando il prelievo alla sola parte necessaria a coprire la differenza rispetto agli assegni attuali (sarebbe questo, anziché l’esenzione generalizzata dall’IRAP, il taglio del cuneo fiscale), obbligando nello stesso tempo le aziende, in tutti questi casi di esuberi, a contribuire alla ricollocazione dei lavoratori e ad assicurare un diritto di prelazione per i dipendenti licenziati per motivi economici in caso di nuove assunzioni.
Terzo passo: istituzione di un REDDITO MINIMO GARANTITO per tutte le persone maggiorenni, prive di reddito, in cerca di un lavoro (per l’ISTAT, 3,2 milioni di persone). Destinando a questo scopo la parte della spesa per sussidi ai disoccupati già ora a carico del fisco (14,7 mld), le risorse ricavate per il programma di inclusione attiva (1 mld) e una parte dei contributi risparmiati dalle imprese (2,6 mld), con 18,3 miliardi di euro, si possono erogare 550 euro mensili a 2,8 milioni di persone (l’87,5% del totale, lasciando fuori solo chi ha altri redditi) garantendo ai disoccupati, come si è visto, la differenza rispetto all’assegno attuale.
Quarto, eventuale, passo: una più generale riconsiderazione del welfare assistenziale, riconvertendo gli istituti ora esistenti a carico del bilancio statale (invalidità, accompagnamento, non autosufficienza) e locale in un quadro organico per compiere definitivamente il passaggio dalle concessioni (caritatevoli) ai diritti.
Clicca qui per scaricare il dossier sul reddito minimo garantito.