Se un appello si può aggiungere agli appelli e ai contrappelli che si sono alternati in questi mesi, ebbene è il seguente: diamoci una mossa, diamoci un taglio e cerchiamo di cogliere il momento, l’opportunità che clamorosamente — e chi l’avrebbe mai detto — ci si sta presentando. Prima che, concluse riflessioni e discussioni in corso da, beh, sempre, la finestra che si apre ci si chiuda in faccia. Se e quando l’offerta da questa parte del campo ha funzionato, negli ultimi decenni, arrivando (persino!) a governare, è perché è stata capace di mettere in campo una visione ampia e inclusiva della società, di unire quelle che di fatto sono minoranze, fino a trasformarle in maggioranza. Dando agli elettori la possibilità di scegliere, all’interno di un ventaglio di interessi diversi — ma non divergenti — chi pensava li avrebbe rappresentati meglio. Non c’è, in questo momento, nessun attore tra quelli in campo che possa seriamente sostenere di fare altrettanto stando da solo, e chi lo dice, chi rivendica di avere dietro di sé il popolo, e davanti le proprie praterie, è semplicemente uno sciocco.
Non si tratta di costruire l’ennesimo cartello raccogliticcio con evidenti scopi elettorali, si tratta di presentare in fretta un progetto di Governo del Paese in cui tutti siano disponibili a mettere in discussione qualcosa, e però per tutti sia possibile contribuire: si tratta di rinnovare quella promessa che in questi anni, dalle larghe intese in poi, è stata tradita, e di riottenere la fiducia di coloro che ne sono rimasti delusi e per questo si sono allontanati. Convincendoli che l’intento, questa volta, è di saper fare di meglio.
È infatti passato meno di un anno da quando il Movimento 5 Stelle è uscito dalle elezioni politiche trionfalmente, come il partito più votato, eppure quel consenso sembra già vecchio di un secolo. Ci sono voluti appena undici mesi di incredibili contorsioni, in cui il Mov si è rimangiato la parola data su un impressionante elenco di promesse, per convenienza o perché irrealizzabili, per culminare con il voto online di ieri e il salvataggio dell’alleato e arrivare così in tempi record a una rottura sentimentale e profondissima con il proprio elettorato.
Qualcuno teorizzerà che a coloro che riceveranno il reddito di cittadinanza importa poco dei processi di Salvini, ma è difficile ignorare la fortissima sensazione che un enorme bacino di consenso sia stato disintegrato. Questo significa anche un’altra cosa, ovvero che a queste evoluzioni rapidissime non si può assolutamente star dietro con i rituali riflessivi e con i bradipismi tipici della sinistra. Sarebbe letale, e folle. Undici mesi fa, mentre i grillini festeggiavano, per tutte le componenti del fu centrosinistra suonava la marcia funebre, e suona ancora oggi: ma forse per qualcun altro. Usciamo dal lutto.