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Puntuale, come i tg che parlano l’emergenza caldo in estate, è arrivato il grido di dolore verso “la sinistra che non c’è più”. La sinistra afona, incerta, claudicante che non esprime posizioni su nulla: dai morti sul lavoro alle questioni internazionali, vedi Gaza, la Siria, l’Iran. La rappresentazione mediatica è quella di un manipolo di reduci che caracollano alla ricerca di un appiglio per sostenersi. E gli annunciatori non sono destrorsi fanleghisti, che si esaltano con le dirette social del Capitan Salvini, o accoliti indefessi del post grillismo, molto vicino alla democristianeria, di Di Maio. No, per niente: i mezzi busti che raccontano questa notizia indossano i panni della sinistra, quella vera, che guarda con disprezzo chi – in un cedimento a destra del Paese – si sforza di proporre una visione alternativa. Sui migranti, sulla legittima difesa, sulla politica estera, e su tutti quei temi che vedono il sentimento popolare sulla riva destra dell’italico fiume. “Fanno poco, non basta”, si dice. “Ci vuole ben altro”, aggiungono insomma, in ossequio all’antica mania benaltrista.
Ammettiamolo, è vero: mediaticamente la sinistra è scomparsa. Sparita nell’appiattimento complessivo del racconto mainstream, secondo cui a Gaza ci “sono stati degli scontri”, non un massacro, o per cui l’emergenza sicurezza sul lavoro è un tema buono per un servizio di due minuti o un taglio basso su un quotidiano. Ma, per una volta, si potrebbe anche eccepire che non mancano la ricchezza e la durezza delle posizioni a sinistra, nonostante la residualità dei numeri in Parlamento e l’annaspamento nei sondaggi. Mancano sui giornali e nei tg, ma per scelte editoriali a monte. Ci sono forze politiche che — sfidando una tempesta frontale — cercano di mettere sul tavolo argomenti seri, questioni pratiche che si innestano nel mondo reale.
Ci sono persone, attivisti attivi, che portano la sinistra a cercare la cura dai tic del convegnismo e dell’assemblearismo. Esistono comunità che si sforzano a individuare soluzioni a problemi giganteschi, come la tassazione dei giganti del web e i grandi cambiamenti nella produzione, con la crescente automazione. È una mobilitazione dal basso, doppiamente faticosa perché non c’è nemmeno il balsamo per l’ego dei riflettori mediatici. Però sarebbe il caso che i fustigatori progressisti della sinistra facessero qualcosa, tendessero una mano, per dare un po’ di visibilità a chi nella penombra fa le cose di sinistra. Altrimenti è solo un bell’esercizio di scrittura, un capolavoro per se stessi. Mentre si firmano contratti di governo che fanno strame della Costituzione.
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