Una volta per tutte: fate votare noi fuorisede

Non so se il fatto di far votare migliaia di cittadini fuori sede potrebbe spostare l’ago della bilancia e le sorti politiche e sociali dell’Italia, ma sono convinta che a partire dal giorno successivo alle elezioni verrebbero abbattute moltissime credenze cristallizzate sui giovani. Una su tutti, che non andiamo a votare perché siamo disinteressati.

Sul­la mia tes­se­ra elet­to­ra­le ci sono diver­si tim­bri. Da quan­do l’ho rice­vu­ta nel 2012, ho sem­pre vota­to. Negli ulti­mi anni però è diven­ta­to sem­pre più dif­fi­ci­le far­lo. Da quat­tro anni vivo lon­ta­no dal­la mia cit­tà. Stu­dio e lavo­ro in un’altra regio­ne, ma ho la resi­den­za nel­la mia vec­chia casa. Ho cono­sciu­to per­so­ne che vive­va­no in Cala­bria, Sici­lia, Sar­de­gna, Lom­bar­dia, Pie­mon­te e che sta­va­no stu­dian­do in un’altra cit­tà, in un’altra Regio­ne e che, come me, non ave­va­no cam­bia­to la pro­pria resi­den­za. Da qual­che anno, il pen­sie­ro di dover vota­re mi crea ansia. Come a tut­ti i miei ami­ci ed ami­che. Sape­re di dover scen­de­re a casa signi­fi­ca ini­zia­re a par­la­re con altri ragaz­zi e ragaz­ze di sol­di, e non di idee. Si ini­zia­no a fare i con­ti, a cer­ca­re le offer­te miglio­ri dei tre­ni, gli scon­ti, i flix­bus, le ore di viag­gio, le con­di­vi­sio­ni del­le auto per divi­der­si auto­stra­da e ben­zi­na, il dover inca­stra­re lo stu­dio, i per­mes­si da lavo­ro, per non par­la­re del­le ses­sio­ni uni­ver­si­ta­rie. Alla fine, ecco che spun­ta­no, o meglio, rie­mer­go­no, le dif­fe­ren­ze. Chi ha una fami­glia in gra­do di finan­zia­re tor­na; chi abi­ta in una cit­tà ben col­le­ga­ta tor­na; chi abi­ta a pochi km da casa tor­na. Chi non ha sol­di, chi vive in pic­co­li pae­si, in cit­tà lon­ta­ne 400 km, nel­le iso­le o dall’altra par­te dell’Italia no. Il tut­to con­di­to da sen­si di col­pa per­ché non si voglio­no chie­de­re sol­di ai geni­to­ri, e per­ché sap­pia­mo che stia­mo facen­do un tor­to a noi stes­si. Il dirit­to al voto insom­ma, vie­ne eser­ci­ta­to da chi ha un pri­vi­le­gio. Pri­vi­le­gio che vie­ne man­te­nu­to e legit­ti­ma­to, e non deco­strui­to. “Ma sì – spes­so si chio­sa – gli scon­ti ci sono”. Ci sono, ma le per­cen­tua­li sono mini­me e spes­so sono appli­ca­ti su for­mu­le spe­ci­fi­che gene­ral­men­te a prez­zo pie­no e solo “se rien­tri nel wee­kend”. La Costi­tu­zio­ne san­ci­sce il dirit­to al voto, e ne defi­ni­sce l’esercizio come dove­re civi­co. Il dirit­to al voto non può esse­re limi­ta­to se non per inca­pa­ci­tà civi­le, per effet­to di sen­ten­ze pena­li irre­vo­ca­bi­li o nei casi di inde­gni­tà mora­le indi­ca­ti dal­la leg­ge. Eppu­re il mio dirit­to è limi­ta­to ecco­me. Da pro­ble­mi eco­no­mi­ci e strut­tu­ra­li. Citan­do anco­ra, “è com­pi­to del­la Repub­bli­ca rimuo­ve­re gli osta­co­li di ordi­ne eco­no­mi­co e socia­le, che, limi­tan­do di fat­to la liber­tà e l’e­gua­glian­za dei cit­ta­di­ni, impe­di­sco­no il pie­no svi­lup­po del­la per­so­na uma­na e l’ef­fet­ti­va par­te­ci­pa­zio­ne di tut­ti i lavo­ra­to­ri all’or­ga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca, eco­no­mi­ca e socia­le del Pae­se “. Gli osta­co­li di ordi­ne eco­no­mi­co e socia­le non sono rimos­si. Sono ben pre­sen­ti, ma anche ade­gua­ta­men­te nasco­sti. Per­ché se il non par­la­re di qual­co­sa non fa scom­pa­ri­re il pro­ble­ma, sicu­ra­men­te evi­ta di pro­ble­ma­tiz­zar­lo; la com­ples­si­tà vie­ne eli­mi­na­ta. Con l’arrivo del coro­na­vi­rus è suc­ces­so qual­co­sa di enor­me. E si è visto come gli spo­sta­men­ti pos­sa­no esse­re vei­co­li di con­ta­gio. Eppu­re, con le Regio­na­li distan­ti poco più di un mese, non si rie­sce a pen­sa­re che sì, anche il pro­ble­ma del voto fuo­ri­se­de esi­ste.   Gli under 30 non han­no pra­ti­ca­men­te usu­frui­to di alcun bonus. Chi lavo­ra­va come sta­gi­sta o tiro­ci­nan­te non ha visto un mini­mo aiu­to eco­no­mi­co. Gli affit­ti non sono sta­ti sospe­si nono­stan­te mol­ti non stes­se­ro usu­fruen­do del­la casa duran­te la qua­ran­te­na. I geni­to­ri han­no per­so il lavo­ro, sono in cas­sa inte­gra­zio­ne, han­no chiu­so nego­zi, han­no richie­sto bonus e aiu­ti. Insom­ma, sono comun­que un po’ più pove­ri di pri­ma. Mi chie­do con qua­le corag­gio ci si aspet­ti che chie­de­re­mo sol­di ai geni­to­ri per scen­de­re due gior­ni e vota­re. Pro­ba­bil­men­te non lo fare­mo. Pro­ba­bil­men­te non vote­re­mo. Pro­ba­bil­men­te lasce­re­mo deci­de­re gli altri e le altre. Ed è una cosa dram­ma­ti­ca per una Demo­cra­zia. Se in que­sto perio­do alcu­ne que­stio­ni sono sta­te sol­le­va­te e rese visi­bi­li, quel­la del voto è rima­sta som­mes­sa­men­te sot­to il tap­pe­to. Se i luo­ghi di lavo­ro han­no sco­per­to lo smart-wor­king (con tut­ti i suoi pro e con­tro, inten­dia­mo­ci), non si è nean­che ini­zia­to a pen­sa­re ad una moda­li­tà alter­na­ti­va di voto Tra un mese i tre­ni avran­no anco­ra meno posti dispo­ni­bi­li, i bus con­ti­nue­ran­no a tene­re il distan­zia­men­to, ci saran­no gli stes­si pro­ble­mi nei col­le­ga­men­ti, si rischie­rà comun­que di tra­spor­ta­re il virus, ci saran­no pro­ba­bil­men­te assem­bra­men­ti davan­ti alle urne e tem­pi dila­ta­ti ma dopo­tut­to, il dirit­to al voto è un pro­ble­ma secon­da­rio. Anzi, è pro­prio un pro­ble­ma in sé pen­sa­re di modi­fi­ca­re il siste­ma elet­to­ra­le per qual­che stu­den­te o per qual­che lavoratore/trice, quin­di, fac­cia­mo così: non par­lia­mo­ne, e nes­su­no se ne accor­ge­rà. Dopo­tut­to, lo sta­tus quo va pre­ser­va­to.  Allo­ra, per favo­re, dicia­mo­lo. Il pro­ble­ma sono i gio­va­ni, che quan­do par­la­no, mani­fe­sta­no, si fan­no sen­ti­re e vede­re dan­no fasti­dio. Non sono con­trol­la­bi­li e, secon­do la nar­ra­zio­ne domi­nan­te, sono fan­nul­lo­ni e poco inte­res­sa­ti alla vita poli­ti­ca. In real­tà sia­mo mol­to inte­res­sa­ti, sia­mo pie­ni di idee, di com­ples­si­tà, di uma­ni­tà, di voglia di fare e di pen­sa­re. Sem­pli­ce­men­te for­se, ini­zia­mo ad esse­re stan­chi di sgo­mi­ta­re per pren­de­re uno spa­zio che ci spet­te­reb­be ma che è sem­pre più pic­co­lo e che dob­bia­mo per giun­ta divi­der­ci, il tut­to cer­can­do di appa­ri­re doci­li, calmi/e e grati/e per il trat­ta­men­to riser­va­to­ci. Gli under 30 sono la fascia più pre­ca­ria e meno con­si­de­ra­ta del­la socie­tà. Nono­stan­te si sen­ta par­la­re indi­stin­ta­men­te dei gio­va­ni e ci si riem­pia la boc­ca di misu­re eco­no­mi­che per favo­rir­li, que­sti gio­va­ni sono sem­pre il con­te­nu­to del discor­so, mai gli ora­to­ri. Il pri­vi­le­gio del­la gene­ra­zio­ne pre­ce­den­te non vie­ne rico­no­sciu­to e di con­se­guen­za, è per­pe­tra­to sen­za esse­re mai mes­so in discus­sio­ne. Si par­la sem­pre sui gio­va­ni, e quel mega­fo­no attra­ver­so cui si fan­no pro­cla­mi non vie­ne mai pas­sa­to a noi, ma vie­ne sem­pre usa­to per urlar­ci con­tro. Quan­do si trat­ta di vota­re, di far vale­re il nostro pen­sie­ro, di espri­me­re un’opinione, di crea­re una rap­pre­sen­tan­za che pos­sa dav­ve­ro soste­ne­re le nostre istan­ze, la nostra voce diven­ta afo­na, e i discor­si su di noi arri­va­no ad eli­mi­na­re le nar­ra­zio­ni del­le dif­fi­col­tà lega­te agli spo­sta­men­ti e all’economia. “Ades­so fate lavo­ra­re i gran­di, ci pen­sia­mo noi”. E intan­to i pro­ble­mi che ci sono sem­pre sta­ti con­ti­nua­no ad esi­ste­re e non spa­ri­sco­no. Spa­ri­sco­no le nostre voci, i nostri inten­ti, i nostri desi­de­ri, i nostri sol­di e il nostro tem­po. Per­ché in fon­do, lo sta­tus quo pia­ce e ci ras­si­cu­ra, in tut­te le sue for­me e in tut­te le sue con­trad­di­zio­ni. A nien­te sono ser­vi­ti in que­sti anni le richie­ste degli stu­den­ti e del­le stu­den­tes­se che han­no pro­va­to a far sen­ti­re quan­to il dover vota­re nel­la pro­pria cit­tà di resi­den­za sia una moda­li­tà arcai­ca e discri­mi­na­to­ria, oltre che clas­si­sta. Chi vive all’estero può vota­re, chi è in ospe­da­le può vota­re, chi si tro­va in un’altra cit­tà, in Ita­lia, non può. E guar­da caso, quest’ultima cate­go­ria fa spes­so rife­ri­men­to a quel­la fascia di ragaz­zi e ragaz­ze che potreb­be modi­fi­ca­re gli equi­li­bri poli­ti­ci. Non so se il fat­to di far vota­re miglia­ia di cit­ta­di­ni fuo­ri sede potreb­be spo­sta­re l’ago del­la bilan­cia e le sor­ti poli­ti­che e socia­li dell’Italia, ma sono con­vin­ta che a par­ti­re dal gior­no suc­ces­si­vo alle ele­zio­ni ver­reb­be­ro abbat­tu­te mol­tis­si­me cre­den­ze cri­stal­liz­za­te sui gio­va­ni. Una su tut­ti, che non andia­mo a vota­re per­ché sia­mo disin­te­res­sa­ti. Oli­via Bruni

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