Abbiamo letto con piacere e interesse le cinque tesi pubblicate da Giulio Marcon e Giorgio Airaudo, cogliamo l’occasione per allargare il dibatto con alcuni spunti.
L’economia mondiale attraversa da ormai quasi un decennio uno stato di profonda stagnazione, al punto che la definizione di “crisi” nel senso classico del termine non sembra più adatta a descrivere questo periodo storico. Si tratta con ogni probabilità di un periodo di passaggio verso una nuova fase, che non potrà essere affrontata con gli strumenti propri della fase precedente.
Non può che essere questo il punto di partenza della nostra riflessione. Perché se è vero che le forze di centrosinistra del blocco governativo classico, tanto in Italia quanto nel resto dell’occidente, hanno pensato di poter rinnovare il loro sguardo al futuro scegliendo gli occhi altrettanto vecchi del campo avverso, non possiamo ignorare che anche chi vuole rappresentare davvero il progressismo in Italia e in Europa si deve dotare di strumenti di lettura del presente e di costruzione del futuro ben diversi da quelli che abbiamo spesso visto.
Le sfide dei prossimi vent’anni riguardano un sistema produttivo e di consumo, e quindi un sistema sociale, e quindi un sistema ambientale, che stanno per subire (stanno già subendo) mutamenti molto profondi, che mettono in discussione gli schemi con cui siamo nati e siamo cresciuti.
Si tratta di mutamenti radicali, che come abbiamo già visto rischiano di ricadere interamente sulle fasce più deboli della popolazione, producendo un ulteriore shock culturale e sociale.
Se non vogliamo che questi processi siano guidati dalla destra, se non vogliamo che siano alimentati dall’incertezza, dall’insicurezza e dalla paura, noi per primi dobbiamo essere in grado di rappresentare un’alternativa comprensibile, netta, credibile.
Dobbiamo essere in grado di lavorare a proposte concrete a partire da un patrimonio comune di principi, ma anche da una comune lettura del presente e del futuro.
Non possiamo certo rifugiarci nel tatticismo e nell’opportunismo con l’idea di sopravvivere a un altro giro di giostra, ma questo approccio deve riguardare lo spettro politico a tutto tondo. Non possiamo aggrapparci a chi ha proposto le pessime politiche viste in questi anni in cambio di uno strapuntino parlamentare, non possiamo mettere assieme tutto ciò che si ritiene alternativo a quello schema pensando di costruire la nostra forza sulla somma di decimali, senza vedere che non è possibile lavorare alla proposta di cui sopra mettendo assieme il progressismo internazionale con le suggestioni neo-sovraniste, la rivendicazione delle libertà sociali e individuali con le simpatie verso vecchi e nuovi scenari anti-atlantici.
Per ridare sovranità a chi ha pagato questa decade di decadenza, per progettare un nuovo modello di produzione che metta al centro gli individui, un nuovo sistema di welfare che li metta alla pari di fronte ai nuovi grandi capitali, un nuovo progresso ambientale che permetta a tutti di affrontare i cambiamenti che viviamo, non possiamo perdere altro tempo in ambiguità, timidezze e incertezze.
Costruiamo giorni migliori, facciamolo da fondamenta solide, energeticamente autonomi, ma facciamolo subito.
Il momento è ora.