[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1505978602190{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Dopo settimane di stallo, sembra che riprenda il cammino parlamentare della legge elettorale che queste Camere fanno e disfanno dall’inizio della legislatura, con una certa inclinazione alle soluzioni incostituzionali (come sancito dalla sentenza n. 35 del 2017).
L’ultima trovata parte proprio – a quanto pare – dal testo la cui discussione era stata interrotta all’inizio di giugno, a seguito dell’approvazione di un emendamento che eliminava il sistema “speciale” di elezione in Trentino Alto-Adige. Ora, sembra che si vorrebbe, in realtà, tenere dentro anche quello, partendo proprio dai 231 collegi uninominali che l’emendamento introduceva in luogo dei precedenti 225. Questi verrebbero assegnati con un metodo maggioritario, per cui il candidato più votato nel collegio ottiene il corrispondente seggio, mentre nella versione presentata in giugno anche i seggi dei collegi uninominali sarebbero stati assegnati col proporzionale. La modifica in sé, quindi, potrebbe essere vista anche positivamente, se non altro dal punto di vista della possibilità per l’elettore di capire per chi sta votando.
Ma non sembra che sia così. Infatti, ai candidati nell’uninominale, che sono poco più di un terzo del totale, si collegherebbero una o più liste – bloccate – per l’assegnazione dei rimanenti (quasi) due terzi dei candidati con sistema proporzionale, senza possibilità di scindere i due voti.
In sostanza ciascun elettore avrebbe la possibilità di scegliere il suo candidato nel collegio uninominale (troppo ampio perché più che doppio rispetto a quanto accadeva con il Mattarellum) ma questo “trascinerebbe” una lunga lista bloccata (considerate 27 circoscrizioni la media dovrebbe essere di circa 14 candidati) rispetto alla quale nulla potrebbe l’elettore e che sembrerebbe in palese contrasto con quanto stabilito in proposito dalla Corte costituzionale quando ha dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum (sentenza n. 1 del 2014). Anzi, secondo quanto si legge, le liste collegate al candidato nell’uninominale potrebbero essere anche più d’una e – sempre secondo le prime notizie – anche diverse da circoscrizione a circoscrizione, à la carte, cosicché l’effetto di “trascinamento” riguarderebbe una ancor più grande quantità di candidati.
La prospettiva – se confermata dal progetto di legge che dovrebbe arrivare a breve – è sconfortante: si tratterebbe di un sistema misto (in sé apprezzabile) in cui, però, il maggioritario perderebbe completamente i suoi punti di forza, per divenire mero strumento di blindatura delle candidature da parte dei partiti politici. Infatti, il sistema uninominale maggioritario (che qui sarebbe previsto per 231 collegi), da un lato, assicura il rapporto diretto elettore-eletto in un determinato collegio, dando al primo la possibilità di incidere in modo determinante sulla scelta del secondo, d’altro lato, rendendo difficile la elezione di candidati di forze politiche con minore consenso, diminuisce la frammentazione. In questo caso, quest’ultimo aspetto sarebbe reso abbastanza marginale dalla bassa percentuale di maggioritario (che non riuscirebbe a diminuire la frammentazione più di quanto già non possa accadere con una soglia di sbarramento), mentre la valorizzazione del rapporto elettore-eletto sarebbe vanificata, da un lato, dalle dimensioni del collegio (che al Senato diverrebbe poi ancora più ampio) e, dall’altro, dall’effetto di trascinamento della lunga (anzi forse delle lunghe) liste bloccate collegate, riempibili, a discrezione del partito, di persone del tutto prive di rapporto con gli elettori e magari a questi sconosciute.
Ancora una volta, in sostanza, sembra che si intenda escogitare un sistema che consenta ai partiti il controllo su chi verrà eletto. Una storia già vista. Un sistema ancora a rischio di incostituzionalità, che, tanto più alla fine della legislatura, è rigorosamente da evitare.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]