Non si può non osservare con il cuore gonfio le immagini che ci arrivano in queste ore da tutte le città d’Italia per la giornata in ricordo delle vittime (innocenti, anche se nella legge la parola “innocenti” hanno voluto dimenticarsela) di mafia. Solo a Locri sono in 25mila a manifestare per le vie della città in nome di una cultura della legalità che, come dice Don Ciotti, ” non è solo rispetto delle leggi ma la possibilità di andare avanti con principi di solidarietà, e per dare un futuro migliore sopratutto ai nostri giovani”.
Le manifestazioni di oggi non sono solo un grido contro le mafie ma sono soprattutto portatrici di un’idea di futuro che renda conveniente il rispetto delle regole, che renda insopportabili i trucchi del malaffare (e la corruzione e le droghe sono centrali, che si voglia riconoscere o no) e che trovi corrispondenza nelle scelte politiche di governo. È piuttosto alienante leggere oggi il profluvio di retorica intorno a quel Gratteri che venne “bocciato” come ministro e poi come “consulente”; è difficilmente comprensibile che mentre il fondatore di Libera don Ciotti sul palco di Locri parli dei rapporti tra mafia e massoneria il governo appaia piuttosto titubante nell’ottenere gli elenchi dalle logge massoniche; fa sorridere amaro vedere i famigliari delle vittime di mafia coccolati da uno Stato cerimoniere che promette di “non lasciarli soli” mentre la condizione dei testimoni di giustizia continua a languire.
Intanto registriamo che la sottocultura paramafiosa che ha scritto sui muri che Don Ciotti è “uno sbirro” e che la mafia dà lavoro ha ottenuto esattamente l’effetto opposto: l’ondata di indignazione e solidarietà oggi ha travolto anche loro. E noi, oggi, siamo vicini a Luigi Ciotti ancora di più.