Vicini a Paolo Borrometi, per un giornalismo che scrive nomi e cognomi

Siamo vicini a Paolo, grati del suo instancabile lavoro, e continuiamo a essere dalla parte di tutti i giornalisti che scrivono di mafia facendo i nomi e i cognomi, prendendosi la responsabilità di squarciare il velo di omertà e di sottomissione che ancora purtroppo continua a soffocare intere zone del nostro Paese.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ancora una vol­ta Pao­lo Bor­ro­me­ti si ritro­va minac­cia­to da uomi­ni appar­te­nen­ti alla cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta: il gior­na­li­sta sira­cu­sa­no (che già da tem­po vive sot­to pro­te­zio­ne per le sue denun­ce) que­sta vol­ta è il desti­na­ta­rio di un mes­sag­gio ver­go­gno­so (““GRAN pez­zo di m.., cara­bi­nie­re, appe­na vedo di nuo­vo la mia fac­cia, di mio fra­tel­lo, in un arti­co­lo tuo ti ven­go a cer­ca­re fino a casa e ti mas­sa­cro. E poi denun­cia­mi sta min­chia, con le mani non c’è il car­ce­re, pez­zo di mer­da te lo dico già subi­to”) di Fran­ce­sco De Caro­lis, plu­ri­pre­giu­di­ca­to e fra­tel­lo di Lucia­no De Caro­lis, con­dan­na­to per esse­re uno degli “ele­men­ti di spic­co del clan Bot­ta­ro-Atta­na­sio di Sira­cu­sa”.

Già nel­lo scor­so ago­sto (ne ave­va­mo scrit­to qui) il gior­na­li­sta del­l’A­GI era sta­to vit­ti­ma di uno stra­no “fur­to” nel­la sua abi­ta­zio­ne e pro­prio per que­sto ave­va­mo chie­sto, tra­mi­te un’in­ter­ro­ga­zio­ne par­la­men­ta­re, che venis­se innal­za­to il gra­do di pro­te­zio­ne. Sia­mo vici­ni a Pao­lo, gra­ti del suo instan­ca­bi­le lavo­ro, e con­ti­nuia­mo a esse­re dal­la par­te di tut­ti i gior­na­li­sti che scri­vo­no di mafia facen­do i nomi e i cogno­mi, pren­den­do­si la respon­sa­bi­li­tà di squar­cia­re il velo di omer­tà e di sot­to­mis­sio­ne che anco­ra pur­trop­po con­ti­nua a sof­fo­ca­re inte­re zone del nostro Paese.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

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Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.