Poiché tutto il mondo è paese, penso possa essere utile raccontare qui di seguito una storia sulla piccola provincia in cui vivo, a proposito della propaganda secondo cui, come viene ripetuto in tv e scritto sui muri, “chi vuole cambiare le cose vota sì”. Davvero?
Qui da me l’elenco dei sostenitori del Sì al referendum costituzionale è uscito in piena estate schierando più o meno tutto il ceto politico attualmente al governo del territorio, direi senza eccezioni rilevanti, insomma una fotografia dell’esistente e non certo del cambiamento. Uno squadrone compatto, immagino preoccupatissimo di non venire ricandidato in caso non si fosse schierato per il sì (ma questa è una mia ipotesi, per carità), guidato da un tridente rappresentato dalle tre figure istituzionali più rilevanti, ovvero un senatore, una senatrice, e un consigliere regionale. Proprio su di loro vorrei concentrarmi. Scusandomi in anticipo se non ricordo con precisione alcuni dettagli della loro carriera, questo per via del fatto che quando loro già ricoprivano incarichi, io che votando No sono il vecchio ero troppo piccolo per ricordarmeli.
Il senatore viene direttamente dalla Democrazia Cristiana, di cui era stato un esponente locale fin dagli anni Settanta per poi entrare nei Popolari dopo la fine della Prima Repubblica e poi nella Margherita (e poi nel Pd, da rutelliano). A partire dal 1974 (io che voto no e che quindi rappresento chi non vuole cambiare le cose, ribadisco, all’epoca avevo un anno) è stato consigliere comunale, assessore, sindaco del capoluogo (per 12 anni), vicepresidente Anci, presidente del consiglio provinciale, poi vicepresidente della regione, poi europarlamentare, poi senatore, ma attenzione, eletto con Scelta Civica, con Monti. Sì, era uscito dal Pd perché stava diventando con Bersani — tenetevi forte — troppo di sinistra, e non stimava Renzi in quanto all’epoca, come tanti, aveva frainteso e temeva di finire rottamato, quando invece bastava mettersi d’accordo. Oggi, dopo esser stato capogruppo al Senato di Scelta Civica, è tornato nel Pd, dove come molti suoi ex compagni sostiene un Governo le cui politiche sono per molti versi l’opposto esatto di quelle del Governo Monti sulla base del quale si sono fatti eleggere (facendo perdere le elezioni al Pd stesso, secondo il parere di molti). Forse è questo che si intende, quando si dice che “chi vuole il cambiamento vota sì”, è un riferimento al cambio di giacchetta.
Il consigliere regionale nasce repubblicano (non con Mazzini, non esageriamo: col Pentapartito. Che comunque…) e alla fine degli anni Ottanta diventa consigliere comunale, poi provinciale, poi altre due legislature come assessore e vicesindaco. Succede al senatore come sindaco, finisce la prima legislatura ma perde la seconda, prova a candidarsi per il parlamento senza successo e in seguito entra in consiglio regionale. Curiosità: oggi è renziano, ma prima era lettiano, che se ci pensate come salto non è niente male.
Percorso simile ma leggermente meno di primo piano quello della senatrice, che è stata assessora e poi consigliere comunale di opposizione, ha tenuto duro e poi ha vinto contro ogni pronostico le primarie del 2013 e con quelle una candidatura blindata in Senato. Politica di area cattolica, era stata con Franceschini contro Bersani, e poi con Bersani contro Renzi nelle primarie del 2012, e oggi è una fervente renziana (delle tre o quattro diverse correnti renziane che operano, litigando, qui in zona). Come Franceschini, appunto: e se non vi fa ridere è solo perché come battuta è risaputa, appunto.
Sono persone con cui in passato ho avuto una cordiale frequentazione, pur da posizioni molto diverse, quando stavo nel loro stesso partito: io volevo cambiare tutto e loro no, pensate a volte il destino come ribalta tutto, adesso a quanto pare è il contrario, a patto certo che loro stian sempre lì dove stavano già da prima. Pensate come deve sentirsi l’elettore magari distratto che però se li ritrova sulla scheda elettorale da trent’anni, quando li sente parlare di cambiamento. Spero quindi mi perdoneranno per averli presi ad esempio, ma quando li ho visti in prima fila nel locale comitato per il Sì per un attimo mi è venuta voglia di indossare un paio di Timberland, metter su l’ultima cassetta dei Duran e studiare greco per la versione di domani: dev’essere l’effetto di questo cambiamento bestiale.
Certo non ho dubbi che altrove sia persino peggio, che sotto le insegne del Sì si stiano riciclando torvi capibastone che hanno cambiato idea e posizione persino di più (nel caso, potete segnalarli a info@possibile.com), ma comunque quando sentiamo dire che “chi vuole cambiare le cose vota sì, chi vuole tenerle come sono vota no” possiamo rispondere con grande serenità che è una balla grande come una casa.