Vuole una legge contro i conflitti d’interesse: Corradino Mineo

14-cartolina-civoti-mineo-vert Come un mae­stro impres­sio­ni­sta del­la rive gau­che, ai mar­gi­ni di una sedu­ta sena­to­ria­le il pit­to­re di con­cet­ti Cor­ra­di­no Mineo sce­glie i voca­bo­li e inqua­dra con pochi, effi­ca­ci trat­ti logi­ci i moti­vi del pro­prio soste­gno al docu­men­to di Giu­sep­pe Civa­ti per il con­gres­so nazio­na­le del PD. «E’ il solo can­di­da­to che coniu­ga poli­ti­ca e iden­ti­tà. Civa­ti è l’u­ni­co che par­li di come sia­mo pas­sa­ti dal gover­no di cam­bia­men­to alle lar­ghe inte­se. Se la poli­ti­ca è far­si un’i­dea del per­cor­so sba­glia­to per rime­dia­re, men­tre l’i­den­ti­tà è il rife­ri­men­to ai valo­ri con­di­vi­si, indi­spen­sa­bi­li per costrui­re una for­za di sini­stra, allo­ra Cuper­lo rap­pre­sen­ta l’iden­ti­tà sen­za la poli­ti­ca, offre una pro­spet­ti­va “nobi­le” all’apparato del par­ti­to, che ha sba­glia­to ma sen­za spie­ga­re per­ché abbia sba­glia­to, ora si vuo­le recu­pe­ra­re. Ren­zi inve­ce por­ta con sé un’idea for­te del­la poli­ti­ca ‑idee abba­stan­za chia­re sugli erro­ri com­mes­si e alme­no la volon­tà di rime­dia­re- ma è pri­vo di un’identità, anzi, in qual­che modo la teme. E qui è il suo limi­te, per­ché la sini­stra ha biso­gno di ritro­var­si, di sen­tir­si sini­stra. Sì, cer­to, la sini­stra vuo­le vin­ce­re ma vuo­le anche sen­tir­si nel giu­sto. Pit­tel­la si è can­di­da­to per por­ta­re all’at­ten­zio­ne alcu­ni temi impor­tan­ti – lo dice, lui si sen­te pri­ma di tut­to un social­de­mo­cra­ti­co euro­peo — ma, a me pare, sen­za una visio­ne gene­ra­le. Civa­ti ha fat­to uno sfor­zo diver­so e plu­ra­le: ha pun­ta­to sul­la poli­ti­ca e sui valo­ri, stan­do a sen­ti­re la socie­tà, che è più avan­ti del­la poli­ti­ca, e ha ripro­po­sto tut­to que­sto in una mozio­ne che è un patri­mo­nio col­let­ti­vo. Si è det­to: una mozio­ne trop­po lun­ga. Ma nel­le pri­me pagi­ne c’è già tut­to, poi la mozio­ne decli­na una ric­chez­za plu­ra­le. Apprez­zo que­sto sfor­zo: solo Civa­ti non si pro­po­ne come un uomo solo al coman­do».

mineo raiUna vita nel­l’in­for­ma­zio­ne, con espe­rien­ze anche all’e­ste­ro: l’im­pe­gno diret­to in poli­ti­ca, lo scor­so inver­no, è sta­to «una scel­ta per­so­na­le. Ave­vo fat­to tut­to quel che pote­vo, com­ple­ta­to il cur­sus hono­rum del gior­na­li­sta, da capo del­la cro­na­ca poli­ti­ca di “Tele­ka­bul”, al lavo­ro del cor­ri­spon­den­te da Pari­gi e New York, ai sei anni di dire­zio­ne di Rainews24. Non pote­vo più rima­ne­re là: ero sen­ti­to come un’ano­ma­lia, per­ché quel gior­na­li­smo cri­ti­co appa­ri­va ai mana­ger mes­si a diri­ge­re la Rai come poco pro­fes­sio­na­le, la reda­zio­ne mi ave­va sem­pre appog­gia­to, ma sape­vo di dove­re “libe­rar­la”. E ho deci­so di dare una mano. Ber­sa­ni con la sua pro­po­sta di rifon­da­re il PD par­ten­do dal­le pri­ma­rie che lo con­trap­po­se­ro a Ren­zi, mi ave­va aper­to il cuo­re. Mi sono det­to: anch’io che ven­go da un’altra sto­ria, così lon­ta­na del PCI e dal­la DC, anch’io che ave­vo tro­va­to ste­ri­le e fred­do quel ten­ta­ti­vo di fusio­ne tra le due tra­di­zio­ni del­la pri­ma Repub­bli­ca, ora pos­so dare una mano. E quan­do Ber­sa­ni mi ha pro­po­sto la can­di­da­tu­ra in Sici­lia, dove, quarant’anni pri­ma ave­vo par­la­to di lot­ta alla mafia come lot­ta di clas­se, con­tro una bor­ghe­sia inter­me­dia­ria e paras­si­ta­ria, essen­zial­men­te mafio­sa, ho det­to: sì». Mineo non è pen­ti­to di aver­lo fat­to, ma rico­no­sce «di aver sba­glia­to valu­ta­zio­ne: per que­sto moti­vo spen­de­rò le mie ener­gie, per far entra­re aria nuo­va. Ber­sa­ni è una per­so­na per bene, pro­vo sim­pa­tia e soli­da­rie­tà per lui, ma il “cam­bia­men­to” non può esau­rir­si in alcu­ni prov­ve­di­men­ti di gover­no. Cam­bia­men­to è sce­glie­re un uomo che rap­pre­sen­ta la nazio­ne, come Pre­si­den­te, e quest’uomo non pote­va esse­re un one­sto sin­da­ca­li­sta cat­to­li­co iscrit­to al PD e su cui con­ver­ge­va l’interesse di Ber­lu­sco­ni. Secon­do me Ber­sa­ni è rima­sto impri­gio­na­to nel­la stes­sa cul­tu­ra di Napo­li­ta­no, quel­la che cre­de che le isti­tu­zio­ni sia­no eter­na­men­te sta­bi­li e che infon­da­no la loro gra­zia anche su chi le insul­ta e le dele­git­ti­ma, come Ber­lu­sco­ni. Un disa­stro. Il capo dell’istituzione più vec­chia e mil­le­na­ri­sta, il capo del­la Chie­sa cat­to­li­ca, sa che non è così e la sta scuo­ten­do dal­le fon­da­men­ta, il segre­ta­rio del Par­ti­to Demo­cra­ti­co si è arre­sta­to davan­ti alla soglia del Col­le e ha lascia­to con­dur­re la dan­za pro­prio all’avversario che ave­va pre­te­so di smac­chia­re».

IL GOVERNO LETTA IN SENATO PER IL VOTO DI FIDUCIA Che pen­sa l’ex diret­to­re dell’informazione in Ita­lia? «Il mon­do dei media paga le debo­lez­ze cro­ni­che del­la bor­ghe­sia ita­lia­na. Pen­so ai tra­va­gli del­la pro­prie­tà del Cor­rie­re, il salot­to buo­no che poi non era tan­to buo­no visto che ci sta­va­no bene i Ligre­sti. Il siste­ma tele­vi­si­vo è domi­na­to dal con­flit­to d’interessi, con una Rai che da trop­po tem­po scim­miot­ta Media­set, abbas­san­do il livel­lo cul­tu­ra­le dei pro­dot­ti, annul­lan­do ogni inno­va­zio­ne e sacri­fi­can­do le risor­se che pure ha al suo inter­no. Pur­trop­po la sini­stra è col­pe­vo­le: ha bada­to a far­si bacia­re la pan­to­fo­la piut­to­sto che a rifor­ma­re il siste­ma e a pre­ten­de­re rego­le libe­ra­li con­tro i mono­po­li e le per­so­na­li­tà in paten­te con­flit­to d’interessi».

Si leg­ge spes­so che il PD non sa comu­ni­ca­re. «Il pro­ble­ma è cosa si comu­ni­ca, non come si comu­ni­ca. Il PD dovreb­be chie­der­si: noi cosa voglia­mo dire? In cam­pa­gna elet­to­ra­le Ber­sa­ni con­ti­nua­va a pro­met­te­re di “smac­chia­re il gia­gua­ro”, ma tace­va su Mon­ti che, can­di­dan­do­si, è come se aves­se det­to ai nostri elet­to­ri : il mio non è sta­to un gover­no tec­ni­co, voi, pove­ri illu­si, dovre­te accet­ta­re la filo­so­fia del­la For­ne­ro e quel­la dell’Unione Euro­pea che ci chie­de sem­pre nuo­vo sacri­fi­ci. Ber­sa­ni non comu­ni­ca­va per tener­si le mani libe­re dopo il voto, per poter­si allea­re con il cen­tro. L’er­ro­re è sta­to poli­ti­co, non di comu­ni­ca­zio­ne. Ci si pote­va pure allea­re con Mon­ti, ma solo dopo uno scon­tro poli­ti­co e un chia­ri­men­to. Quan­do Epi­fa­ni, oggi, dice “che ver­go­gna, fer­mia­mo il tes­se­ra­men­to”, rischia di non con­vin­ce­re: per­ché dovreb­be piut­to­sto spie­ga­re per­ché, secon­do lui, il tes­se­ra­men­to è fini­to in que­sto modo. Il par­ti­to è mar­cio, il con­gres­so è arri­va­to trop­po tar­di, c’è un con­flit­to tra il PD dei nota­bi­li e il PD più liqui­do degli iscrit­ti e dei votan­ti alle pri­ma­rie? Epi­fa­ni mini­miz­za e non con­vin­ce».

14-cartolina-civoti-mineo Da par­la­men­ta­re di pri­ma nomi­na, come sono que­sti col­le­ghi gio­va­ni, neo­fi­ti al suo pari? «Que­sto Par­la­men­to, dal pun­to di vista del­la qua­li­tà uma­na, è for­se per­si­no miglio­re dei pre­ce­den­ti. I par­ti­ti han­no avu­to ver­go­gna, e han­no sele­zio­na­to ‑nei limi­ti del pos­si­bi­le- anche intel­li­gen­ze e per­so­ne per bene. Ma le loro pos­si­bi­li­tà sono ine­spres­se, per­ché il gover­no del­le lar­ghe inte­se ha espro­pria­to il Par­la­men­to del­le fun­zio­ni che gli sareb­be­ro pro­prie. Le leg­gi le fa il gover­no, noi appro­via­mo, in con­di­zio­ni di pre­sun­te neces­si­tà e di urgen­za i decre­ti del Gover­no. In Par­la­men­to non si fa poli­ti­ca, ten­do­no a tra­sfor­mar­ci in fun­zio­na­ri del­lo Sta­to. Anche con aspet­ti ridi­co­li. Per esem­pio, un inter­ven­to appas­sio­na­to in aula non sareb­be “sena­to­ria­le”. La poli­ti­ca, espro­pria­ta dal­le lar­ghe inte­se, si spo­sta altro­ve, in un luo­go dove un gover­no debo­le media con altri pote­ri. Cre­do che sia tem­po di usci­re da que­sto sta­to di d’eccezione. Resti­tui­re al Par­la­men­to il com­pi­to di discu­te­re e di indi­ca­re diret­ti­ve di mas­si­ma (le leg­gi) che poi toc­ca all’esecutivo, al Gover­no e all’amministrazione, dar diven­ta­re ope­ra­ti­ve».
Cer­to, maga­ri sen­za i 101 sareb­be sta­to diver­so… «Nes­su­no dei 101 è mai usci­to allo sco­per­to con me. E’ un segre­to ben man­te­nu­to, sì, ma è un segre­to di Pul­ci­nel­la: i cen­tou­no era­no quel­li più vici­ni al grup­po diri­gen­te del PD, quel­li che sape­va­no che il nome di Pro­di non era con­di­vi­so da alcu­ni capi cor­ren­te, quel­li che vole­va­no che si andas­se al gover­no con Ber­lu­sco­ni, rite­nen­do­lo il male mino­re rispet­to a Gril­lo». E quin­di, Civa­ti. «Se imma­gi­no la rina­sci­ta del PD, di cui c’è biso­gno per­ché è il luo­go del­la poli­ti­ca di sini­stra in Ita­lia, imma­gi­no a un par­ti­to che riget­ta defi­ni­ti­va­men­te l’inciucio, abbrac­cia la tra­spa­ren­za, accet­ta la rivo­lu­zio­ne coper­ni­ca­na nei rap­por­ti tra Sta­to e par­ti­to pro­po­sta da Fabri­zio Bar­ca, dun­que alla mozio­ne e al par­ti­to di Pip­po Civa­ti».

#civo­ti 14: Cor­ra­di­no Mineo

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