Welfare: liberare le donne, il tempo, chi ha bisogno

Donne-al-lavoro-piu-tempo-degli-uomini_h_partbLa car­ti­na di tor­na­so­le più faci­le per discer­ne­re la sini­stra dal­la destra, alme­no in Euro­pa, è anco­ra una vol­ta il wel­fa­re. Lo sta­to socia­le, i ser­vi­zi garan­ti­ti dal­la mano pub­bli­ca in tema di sani­tà, istru­zio­ne, assi­sten­za, pre­vi­den­za, mobi­li­tà, ammor­tiz­za­to­ri alla cri­si. Una gran­de con­qui­sta del XX seco­lo, da ascri­ve­re ai labu­ri­sti con­ti­nen­ta­li di ogni scuo­la, soprat­tut­to quel­la socia­li­sta e social­de­mo­cra­ti­ca: solo dagli anni Novan­ta, con l’am­mi­ni­stra­zio­ne Clin­ton, gli Sta­ti Uni­ti han­no fat­to dei pas­si in avan­ti ver­so l’uni­ver­sa­li­tà del­le pre­sta­zio­ni, fino al corag­gio pre­si­den­zia­le nel con­se­gui­re l’O­ba­ma­ca­re e ai recen­ti exploit pro­gres­si­sti di Bill de Bla­sio. Ancor oggi, in Euro­pa e nel mon­do, a destra si col­lo­ca chi per fare cas­sa non esi­ta a dispor­re tagli linea­ri alla rete di sal­va­tag­gio che tie­ne i meno abbien­ti anco­ra inse­ri­ti nel­la socie­tà, e a sini­stra chi ‑pre­via rior­ga­niz­za­zio­ne del­la spe­sa- pun­ta ad allar­ga­re il baci­no del­le per­so­ne bene­fi­ca­te dal man­te­ni­men­to in sede pub­bli­ca (anche se vero­si­mil­men­te non sta­tua­le, ovve­ro in capo agli enti loca­li di pros­si­mi­tà) del com­pi­to di assol­ve­re alle fun­zio­ni fon­da­men­ta­li per una comu­ni­tà, con­si­de­ra­to ina­lie­na­bi­le. Di qui, il corol­la­rio di un acces­so age­vo­la­to e con­ven­zio­na­to con le strut­tu­re del cosid­det­to “pri­va­to socia­le”: dal wel­fa­re sta­te alla wel­fa­re socie­ty.

mutual society In que­sti ter­mi­ni, anche il con­gres­so nazio­na­le del Par­ti­to Demo­cra­ti­co dovrà dire in qua­le dire­zio­ne incal­za­re il pre­sen­te gover­no e pre­pa­ra­re il pro­get­to che si can­di­de­rà a gover­na­re l’I­ta­lia negli anni ven­tu­ri. Dopo i macel­li del­le destre, e il rigo­re a sen­so uni­co dei gover­ni di lar­ghi inte­se, forie­ri dei mede­si­mi risul­ta­ti per quan­to riguar­da la vita rea­le dei cit­ta­di­ni che si è impo­ve­ri­ta non solo nel por­ta­fo­glio, urge una ster­za­ta che pren­da le mos­se da alcu­ni pun­ti fer­mi: la nuo­va con­ce­zio­ne del lavo­ro dovrà esse­re sem­pre più rela­ta alla chia­ve fami­lia­re, imple­men­tan­do isti­tu­ti di fles­si­bi­li­tà ora­ria, tele­la­vo­ro, con­ge­di paren­ta­li obbli­ga­to­ri anche per i padri, ricor­so alla ban­ca del tem­po. Se ne par­la da cir­ca ven­ti anni, il perio­do è matu­ro per ripen­sa­re inte­ra­men­te la que­stio­ne: è auspi­ca­bi­le una tas­sa­zio­ne e un cre­di­to che favo­ri­sca­no il mas­si­mo impie­go fem­mi­ni­le, in tut­te le zone d’I­ta­lia, con evi­den­ti rica­du­te non solo nel bilan­cio fami­lia­re (quin­di nel­l’in­cre­men­to dei con­su­mi) e nel teno­re di vita, ma anche nel­la pie­na rea­liz­za­zio­ne per­so­na­le del­la don­na, come avvie­ne negli altri Pae­si svi­lup­pa­ti d’oc­ci­den­te. Inol­tre è da defi­ni­re una nuo­va poli­ti­ca per il soste­gno alle disa­bi­li­tà, ver­so il pro­gres­si­vo e spe­ci­fi­co appro­do a una vita quan­to più pos­si­bi­le normale.

asilo11 Nume­ro­si stu­di evi­den­zia­no una cor­re­la­zio­ne posi­ti­va tra l’oc­cu­pa­zio­ne fem­mi­ni­le e l’in­cre­men­to del PIL ‑Gold­man Sachs sti­ma che que­ste pari­tà por­te­reb­be­ro a un incre­men­to del 22%- nono­stan­te il mer­ca­to del lavo­ro osta­co­li ancor oggi l’in­gres­so pie­no del­le don­ne: ora rele­gan­do­le nei ruo­li meno qua­li­fi­ca­ti e comun­que non api­ca­li, ora man­te­nen­do il gap sala­ria­le, spes­so ricor­ren­do alla pra­ti­ca del­le dimis­sio­ni in bian­co e del ricat­to a chi resta aspet­ta un figlio. Le don­ne più sco­la­riz­za­te sono anche le meno uti­liz­za­te (oggi il 56% dei lau­rea­ti in Ita­lia è don­na, l’Oc­se cal­co­la che tra meno di die­ci anni saran­no il 70%), eppu­re spes­so sono costret­te a esse­re “wel­fa­re viven­te” per sop­pe­ri­re alla cro­ni­ca e cre­scen­te caren­za di ser­vi­zi per tut­te: è un’al­tra fac­cia del­la evi­den­te e irri­du­ci­bi­le que­stio­ne maschi­le nel Pae­se, non anco­ra evo­lu­to ai mini­mi livel­li stan­dard del­le demo­cra­zie con cui andia­mo a con­fron­tar­ci nel­le isti­tu­zio­ni euro­pee. Di pari pas­so, il tema dei dirit­ti civi­li ‑da affron­ta­re a par­te- allar­ga orga­ni­ca­men­te le maglie in cui sono ricom­pre­si i com­por­ta­men­ti con­sen­ti­ti, sia a livel­lo del­la co-respon­sa­bi­li­tà geni­to­ria­le (da esten­de­re al part­ner e al geni­to­re non-bio­lo­gi­co del mino­re) che a un inter­ven­to for­te per appli­ca­re appie­no i mec­ca­ni­smi del­la leg­ge 194, minac­cia­ti dal­le obie­zio­ni dilaganti.

congedo-parentale-padre Quan­do si par­la di fasce debo­li non si pos­so­no pospor­re per alcun moti­vo le fami­glie che si fan­no cari­co di chi non è auto­suf­fi­cien­te: il siste­ma ita­lia­no del­le tute­le ai disa­bi­li è ana­cro­ni­sti­co e arbi­tra­rio, fon­dan­do­si sul­l’i­sti­tu­to del­l’in­va­li­do civi­le che lascia alla discre­zio­na­li­tà medi­ca la defi­ni­zio­ne degli stru­men­ti ade­gua­ti alla per­so­na. Le per­so­ne con han­di­cap devo­no poter esse­re pro­ta­go­ni­ste nel pro­prio pro­get­to di vita e gode­re di stru­men­ti neces­sa­ri a rea­liz­zar­lo: la con­ven­zio­ne Onu del 2006 deli­nea un nuo­vo siste­ma fon­da­to sul rico­no­sci­men­to del­le discri­mi­na­zio­ni, la rati­fi­ca ita­lia­na giun­ta tre anni più tar­di non ha anco­ra rifon­da­to l’ac­ces­so ai bene­fi­ci. Sia­mo agli ulti­mi posti nel­la UE ‑com­pre­si i Pae­si del­l’e­st- quan­to a spe­sa assi­sten­zia­le nel set­to­re, inca­pa­ci­tà ad inte­gra­re le poli­ti­che tra la sfe­ra socia­le e quel­la sani­ta­ria, nel rap­por­to tra la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne e gli enti ero­ga­to­ri: alle don­ne (madri, com­pa­gne, figlie, badan­ti) è così dele­ga­ta l’in­suf­fi­cien­za del­lo Sta­to in mate­ria. Que­sto fin­ché non ver­ran­no finan­zia­ti i fon­di per le poli­ti­che socia­li e la non auto­suf­fi­cien­za, garan­ten­do così un livel­lo essen­zia­le alla digni­tà del­la persona.

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Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

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I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.